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Musica nel sangue

pubblicato su Arie d’Afrike – inserto di COME n. 392/393 maggio 2012

La ricerca e insegnamento della danza africana a Milano. Incontro con Dotcha e Lazare Ohandja.

Dotcha è ballerino, coreografo, maestro di danza tradizionale. Nato in Togo, diplomato artista danzatore dal Ministero della Cultura, diventa direttore artistico del Centro delle Arti Nyatepe. Arriva in Italia 7 anni fa con una tournée in numerose città e 5 anni dopo fonda l’associazione Assileassime, che promuove la cultura e la danza africana in Italia e sostiene la produzione degli artisti e artigiani del Centro Artistico in Togo, favorendo l’inserimento dei bambini più poveri.

Lazare Ohandja è danzatore e coreografo di afrocontemporaneo. Nato in Camerun, vive da 6 anni a Milano. In Camerun ha lavorato con la compagnia Phenix, partecipando a festival e manifestazioni artistiche in molti paesi del mondo. In Italia ha dato vita a una nuova compagnia, Mo’o me ndama, che in lingua bantù a braccia aperte, che organizza corsi, stage, laboratori e si occupa di cooperazione principalmente in favore dei bambini e dei ragazzi di strada.

Come hai cominciato a ballare?

Dotcha: La danza per me è una cosa di famiglia, molti membri suonano, ballano, sono artisti completi. C’è la musica a casa mia, è proprio nel sangue. Io ho imparato da diversi maestri, che frequento tutt’ora. All’inizio facevo hip hop, avevo gruppo quando ero piccolo. Mia nonna mi aveva trovato un lavoro, ma con la danza non avevo tempo, dovevo fare spettacoli in giro. Non ci guadagnavo ma lo facevo ma per la gioia mia e del nostro pubblico. A 15 anni andavamo in giro per il Togo con il nostro gruppo CB4 a fare delle esibizioni in cui ballavamo hip hop misto con la danza tradizionale, fino al 1999 quando abbiamo abbiamo creato un gruppo per promuovere queste danze in particolare. Le danze tradizionali le ho imparate al mio villaggio, dove ogni sera c’era un diverso ballerino con la sua tradizione che arrivavano a sorpresa, e questi maestri ci hanno insegnato le danze dei loro paesi, dal Togo, fino al Benin e al Ghana, al Burkina Faso, dal Sud fino al Nord.

Lazare: Avevo circa 14-15 anni quando ho iniziato a frequentare un centro dove c’era un coreografo che si era messo al servizio degli altri per insegnare gratuitamente ai ragazzi di strada e non. Sono andato lì per imparare e anche per condividere quello che conoscevo. Ogni mattina dovevo attraversare a piedi tutta la città per raggiungere il centro che era in un quartiere dalla parte opposta da dove abitavo. Ho studiato le danze tipiche delle 10 provincie del Camerun. Ciascuna provincia ha aspetti culturali peculiari, con la loro danza, la loro musica, il loro teatro, la loro pittura, eccetera, che vengono rappresentati da diversi artisti che si mettono insieme, e da cui ho potuto conoscere queste danze. Al centro ho imparato anche la differenza tra la danza tradizionale e la danza contemporanea e a partire da questi studi ho creato il mio stile che è afrocontemporaneo.

Come costruisci una coreografia?

Dotcha: La coreografia può essere tradizionale oppure una creazione originale del maestro. Nelle coreografie tradizionali ogni movimento è ben preciso e ha il suo significato particolare, racconta una cosa. Adesso sto lavorando per la prima volta su una coreografia originale che metta insieme movimenti di diverse danze tradizionali. Parto da una serie di danze separate che durano 5-10 minuti e creo una coreografia di un’ora e mezza. In questo lavoro sto inserendo anche elementi che provengono da altre danze, dalla pizzica, dall’hip hop, dalla danza del ventre, eccetera. Mi ispiro anche a quello che vedo tutti i giorni, sempre mantenendo come riferimento lo stile tradizionale. Nella fase di creazione è fondamentale l’intesa con il musicista, altrimenti non c’è creazione. A volte seguo il ritmo e creo il movimento, a volte è il musicista che segue il movimento e crea il ritmo, se ritmo e danza vanno bene insieme, sarà perfetto. Quando sono tornato in Togo ho insegnato questa creazione che sto elaborando ai ragazzi che aiuto a diventare ballerini. Devo lasciare tutto ciò che creo a loro perché sarà prezioso, loro possono usarlo. In Italia posso avere una creazione che un giorno sparisce, perché non so a chi insegnarla, mentre se l’ho trasmessa ai ragazzi in Togo, so che è ancora lì.

Lazare: La danza contemporanea per me è uno stile dove tutti si possono ritrovare, che tutti riescono a leggere, a riconoscere, ad identificarsi, non una cosa solo per un Paese o una persona.
Nello stile afrocontemporaneo che ho creato ci sono le mie radici di danze africana, c’è il mio passaggio tra l’Europa e l’Africa, ci sono i viaggi e le conoscenze di altri coreografi e dei loro modi di ballare. Afro perché io sono camerunese e contemporaneo è la situazione, il posto in cui sono e la gente per cui danzo. Oltre alle mie origini, la mia scrittura coreografica è basata sulla ricerca e sulla contaminazione. Le sfumature delle diverse culture dei ballerini di tutto il mondo che coinvolgo arricchiscono il mio modo di pensare e danno una visione ampia. Così la danza non è più solo la cosa di Lazare, di un camerunese, diviene un’identità nuova. Le mie fonti di ispirazioni sono le persone che frequento, la gente che vedo in strada. Lo sguardo, i gesti, l’espressione, la determinazione, il modo di fare, sono cose che vanno oltre l’origine di una persona e che uso come materiale per la mia scrittura. Inoltre mi ispiro anche ad altre danze come l’hip hop, contact improvisation, la danza tradizionale africana e teatro africano. Credo che la gente comune attualmente abbia bisogno di qualcosa di nuovo, di una danza vera, di un ballerino che si esprime, che dà l’emozione. Per me è importante il rapporto con il pubblico, lo spettatore quando comincia lo spettacolo deve essere attaccato alla sedia e non staccare gli occhi, non deve riuscire a guardare l’orologio. Quando io mi muovo lui deve muoversi con me, il pubblico deve viaggiare con me, dall’inizio dello spettacolo fino alla fine, arrivando al punto che se io piango il pubblico deve riuscire a piangere. Io devo entrare e loro devono aprire delle porte e farsi coinvolgere nel mio viaggio, nel mio racconto, diventano me e io divento loro.

Come ti trovi ad insegnare queste danze agli europei?

Dotcha: Con me anche uno che non sa niente si può avvicinare alle danze africane, io sono abituato anche dall’Africa ad insegnare a persone che non sanno ballare per nulla perché non tutti gli africani sanno ballare. Io sono contento se tu arrivi che non sai niente e alla fine ti ho trasformato in un ballerino. All’inizio pensavo che sarebbe stato diverso, ma poi ho scoperto che non c’è differenza tra insegnare ad un europeo o a un togolese, ci sono europei adesso che ballano più degli africani, se trovano un bravo insegnante, perché si può insegnare a ballare a tutti, africani e non. L’unica differenza è che in Europa molti ballano per divertimento e perché fa bene, mentre in Togo i miei allievi vogliono diventare ballerini professionisti, ma l’insegnamento per me è uguale.

Lazare: Quello che insegno dipende dai corsi, a volte ci sono persone che vengono per una sorta di terapia settimanale, altre volte sono persone che non trovano spazio in altre compagnie contemporanee, perché magari non sono conformi a certi canoni, ad esempio fisici. Io sono interessato a lavorare con tutte le persone che hanno energia e determinazione e che possono dare molto sul palco, più che con un ballerino che fa dei salti perfetti. La danza non è solo magro, muscoloso ed elegante, la danza è anche l’espressione, lo sguardo e la positività, il modo di essere, è la presenza fisica. Una persona può scegliere se cominciare imparando le danze tradizionali, l’afrocontemporaneo, il contact improvisation o il teatro danza. Insegno secondo la ricchezza della persona, è ovvio che se uno vuole imparare a fare uno spettacolo e vuole diventare bravo l’impegno è diverso. Chiunque voglia può imparare il mio stile perché per me è aperto a tutti. Dipende cosa vuole imparare chi viene a ballare.

Qual è un aspetto particolare del tuo lavoro?

Dotcha: Quando balli tu non pensi a niente. Se devi fare danza 2 ore non pensi ai tuoi problemi, stai bene, sei libero. Io quando ballo non vedo nessuno. Con la danza puoi andare in tantissimi posti che non ti immagini neanche.

Lazare: Il modo in cui lavoro permette di conoscersi e di capire le culture di altri, capire cosa gli altri fanno, vivere un pezzo di cultura dell’altro. Tu puoi avere una cosa in più che tu non avevi, arricchirti, e scoprire delle cose che non ti aspettavi.